Scritture

Un'Apecar che sembra un carrarmato

Un'Apecar che sembra un carrarmato

di Concita De Gregorio

Quel che c'è di nuovo è un piccolissimo sollievo figlio del contagio. I predicatori solitari, i 'pazzì e i 'fanaticì che giravano coi cartelli e affiggevano targhe sui muri dieci anni fa oggi si voltano attorno e con un sorriso di sollievo accolgono chi arriva. Chè poco a poco anche gli operai cominciano a scendere dai balconi giù per strada: quelli che "si deve vivere, l'Ilva è lavoro", quelli che alle assemblee non c'erano mai perché facevano gli straordinari per arrivare a 1500 al mese e che si fottano le chiacchiere. Loro, gli operai. Ora ci sono, non tanti ma tanti, alle riunioni e ai cortei fino in prefettura, ad ascoltare Michele Riondino il giovane Montalbano della tv che davanti al mare caraibico degli scogli di San Vito dice "io sono nato dove siete nati voi, ai Tamburi, e vi dico che dobbiamo fare noi quello che non hanno fatto mai i sindacati, i partiti di sinistra. Siete tutti, siamo tutti sotto ricatto. I tarantini sono sempre stati merce di scambio, numeri che valgono solo quando c'è da votare. L'Ilva ha fabbricato acciaio e paura. Ma l'altro giorno, in piazza, ho visto un'Apecar di operai che sembrava un carrarmato. E' quello che serve, servite voi: è venuta l'ora di farci sentire".

Tratto da "Taranto, la rivolta delle vedove. Mai più ricatti tra lavoro e salute" di Concita De Gregorio (la Repubblica, 27 agosto 2012)
 
Concita De Gregorio è una giornalista e scrittrice nata a Pisa. É stata direttrice de l'Unità dal 2008 al 2011. Oggi scrive su giornali come la Repubblica. Ha scritto numerosi saggi tra cui Così è la vita. Imparare a dirsi addio e Io vi maledico, uscito nel 2013.
Nel 2002 ha pubblicato Non lavate questo sangue, diario dei giorni del G8 a Genova.

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